Buon Natale !!!!!!


Buon Natale
Merry Christmas
メリークリスマス
Frohe Weihnachten
Joyeux Noel
聖誕快樂
Glædelig Jul
Kαλά Χριστούγεννα
Feliz Navidad
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Mutlu Noeller
Срећан Божић
Giáng sinh vui vẻ
Eguberri on
Fijne kerstdagen
Kellemes Karácsonyi Ünnepeket
Feliz Natal
Hiallahhhaall et hancha Hiollohhhooll
عيد ميلاد سعي
Vrolijk Kerstfeest
圣诞快乐
God Jul
Natale hilare
Crăciun fericit
Gajan Kristnaskon
메리 크리스마스
Bada Din mubarak ho
Glædelig Jul
Shenoraavor Nor Dari yev Pari Gaghand
Selamat Hari Natal
Rehus-Beal-Ledeats
Jutdlime pivdluarit ukiortame pivdluaritlo
חג מולד שמח
Sawadee Pee Mai
Selamat Hari Natal
Il-Milied It-tajjeb
Bon Nadal
Gezur Krislinjden
Gesëende Kersfees
счастливого Рождества
Gladur Jól
Sikukuu njema ya Krismasi
Честита Коледа
Veselé Vánoce
Priecīgus Ziemassvētkus
Wesołych Świąt Bożego Narodzenia
Hyvää Joulua
کریسمس مبارک
Maligayang Pasko
Gledelig Jól
Nollaig shona diabh
Bo Nadal

hidetoshi nagasawa


Trasalimenti Art___Hidetoshi Nagasawa







Hidetoshi Nagasawa
Albero di farfalle



Catalogo con saggio critico di Walter Guadagnini



La Galleria MarcoRossi Spiralearte di Milano presenta dal 20 novembre al 18 gennaio 2009 la mostra personale di Hidetoshi Nagasawa: una nuova opera in marmo, dal poetico nome Albero di farfalle, studiata e realizzata dall’artista appositamente per questo spazio, accompagnata da una selezione di quindici opere su carta.
E’ dalla mostra pubblica del 2002 al Palazzo delle Stelline che l’artista giapponese, nato nel 1940, non espone una personale nella città di Milano, dove vive dagli anni Sessanta e la nostra Galleria è felice di ospitare negli spazi di C.so Venezia l’ultimo lavoro del Maestro della scultura Zen.
Si tratta di una grande stele in marmo di Carrara, alta oltre 2,30 m pesante oltre 700 kg, che incanta e stupisce per l’incredibile senso di equilibrio impossibile e per la sua apparente leggerezza.
Il lavoro di Nagasawa è strettamente legato alla filosofia orientale, le sue opere sono sempre molto evocative e hanno un forte valore simbolico e lirico, in loro l’artista fonde le eredità spirituali dell’Oriente e quelle dell’Occidente .
Albero di farfalle fa parte del ciclo delle sculture anti-gravitazionali, un ciclo di opere che l’artista propone da molti anni rinnovando ogni volta la sorpresa, infatti con queste opere Nagasawa rende visibili forze invisibili, cercando la forza dell’equilibrio e un contatto diretto con le cose, con il loro “interiore”, nel corso di trent’anni, infatti, il suo lavoro è cambiato si è trasformato, ma ha seguito una sua coerente, naturale evoluzione.
Le opere di Nagasawa, siano esse in marmo o in carta, danno corpo all’ombra e sono il corpo dell’ombra, nascono e si collocano nello spazio Zen del ” Ma”,” La soglia”, un luogo fisico e mentale dove si concentrano tutte le energie; possiamo dire che le sue opere di sono come gli Haiku poetico-filosofici dove c’è estrema concisione, semplicità, essenzialità e condensazione di pensiero che stimola l’immaginazione e la mente.
Lo si può intuire dalle affascinanti opere in carta esposte nella mostra, delle vere e proprie sculture che racchiudono la sapienza orientale degli origami coniugata con l’arte contemporanea.
Le composizioni realizzate su carta con rame e ossidi che completano l’esposizione rievocano invece il fascino delle sue installazioni ambientali nei volumi e nelle forme.
Nagasawa ha recentemente installato l’opera Giardino rovesciato al parco-museo della Villa Medicea La Magia a Quarrata, mentre nel corso del prossimo anno, a partire dal mese di luglio, sarà impegnato con una serie di sei mostre nei principali Musei del Giappone: il Museum of Modern Art di Saitama e di Kawagoe, il National Museum of Art di Osaka, il Museum of Modern Art di Kamakura e di Hayama e il Nagasaki Prefectural Art Museum.

Trasalimenti Art____Marino Durante - Convergenze 1997,Colonnella (te)




Vietnam


ottaviano del turco





Ottaviano Del Turco, ultimo segretario del Partito socialista italiano, uscito indenne da Mani Pulite, finisce in carcere il 14 luglio 2008. L'accusa è pesantissima: da governatore dell'Abruzzo ha gestito un sistema di corruzione e tangenti fondato su un intreccio perverso tra politica, cliniche private e banche. Milioni e milioni di euro in cambio di rimborsi gonfiati e leggi vantaggiose. Ma il caso abruzzese non è una storia a sé. Nel grande business della sanità italiana nessuno vuole rinunciare alla sua fetta di torta: politici, dirigenti Asl, cliniche private, banche. La sanità rappresenta il capitolo di spesa più consistente nel bilancio di ogni Regione, un pozzo senza fondo a cui tutti vogliono attingere. Gli esempi, negli ultimi anni, sono tanti: dalla rete di lady Asl nel Lazio di Storace ai rimborsi truccati della casa di cura Santa Rita di Milano. Senza dimenticare l'ex-governatore siciliano Totò Cuffaro, condannato per favoreggiamento del re delle cliniche isolane in odore di mafia, Michele Aiello. Malabruzzo ricostruisce passo dopo passo la storia della dissennata politica sanitaria abruzzese, dai tempi del Gasparismo all'era Del Turco. E racconta un sistema malato, forse paradigmatico, che affonda le radici lontano nel tempo.


































































il ''DUE'' di COPPE.


Sora Lella


Tamerlano


moby dick

Luciano Fabro [ Prometeo ] e Sol LeWitt [ Wall Drawing ]



Foreground [ OPERA CENTRALE]: 
Luciano Fabro - Prometeo, 1986-1987
 
Background [SFONDO]:

Ezra Pound - le BANCHE e L'USURA.

mercoledì 08 ottobre 2008, 07:00
Pound&Co., i poeti che volevano abolire le banche
di RedazioneVota1 2 3 4 5 Risultato Strumenti utili Carattere Salva l'articolo Invia a un amico Stampa Rss Pdf Segnala su OKNOtizie Commenti Condividi la tua opinione con gli altri lettori de ilGiornale.it

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aiuto «Il tempo non è denaro, ma è quasi tutto il resto!» Così, negli anni Trenta, il poeta Ezra Pound incitava alla resistenza contro la commercializzazione di tutto quello che nella vita non può essere ridotto a un valore economico, e quindi è veramente prezioso. La sua lungimirante critica dell’economia basata sul profitto a scapito della qualità è stata recentemente riconosciuta come valida addirittura dal New York Times, che poco tempo fa apriva un articolo sulla crisi dei mutui con i versi poundiani del Canto 45: «Con usura nessuno ha una solida casa...», efficaci, secondo l’autorevole quotidiano statunitense, a spiegare perfettamente cosa è successo.
La voce di Pound, contrariamente a quello che la lunga detenzione in manicomio criminale potrebbe far pensare, non è quella di un pazzo isolato, ma fa parte di un vasto ed eterogeneo coro di artisti e intellettuali che, fino alla seconda Guerra mondiale, criticano la speculazione finanziaria - dantescamente chiamata «usura» - mettendo in guardia la società sui pericoli di un’economia lasciata nelle mani dei banchieri.
All’inizio del Ventesimo secolo, Alfred Richard Orage raccoglie attorno a The New Age, la rivista da lui diretta, un cenacolo di scrittori, filosofi e politici anticonformisti che approfondiscono con attenzione i temi economici, dato che «senza economia e senza politica è davvero inutile parlare di cultura». Dalle colonne del settimanale di Orage, due tra le più brillanti penne dell’epoca, Hilaire Belloc e Gilbert Keith Chesterton - l'autore di Padre Brown - lanciano i loro attacchi contro la speculazione di chi, in nome del libero mercato, difende una società composta da pochi sfruttatori e tanti sfruttati.
L’alternativa, secondo loro, è uno Stato «distributivo» - non «collettivista» - in grado di regolare, attraverso i rappresentanti delle categorie produttive, le esigenze della popolazione con la distribuzione delle ricchezze. Proprio sulle pagine di The New Age, nasce e si sviluppa il pensiero economico di Ezra Pound, affascinato dalle teorie economiche del Maggiore Douglas, un economista eterodosso che si guadagnò il rispetto e l’attenzione di Keynes criticando il potere delle banche di creare denaro dal nulla. Le sue analisi affascinarono un numero considerevole di intellettuali, dai poeti Thomas Stearns Eliot e W.C.Williams ai più popolari scrittori di fantascienza James Blish e soprattutto Robert Heinlein, che dedica ben due romanzi alla descrizione di un mondo modellato sui principi del Maggiore Douglas, dove il monopolio del credito è pubblico ed è esercitato a favore dei cittadini. In questa società ideale nessuno è più costretto a lavorare, perché la ricchezza, derivata dall’abbondanza naturale e prodotta dalle scoperte scientifiche, viene distribuita a tutti i cittadini.
Il disprezzo per l’avidità, in quegli anni è molto diffuso, ed è immortalato anche dai versi del poeta irlandese William Butler Yeats, araldo di una società aristocratica modellata sulla forza delle virtù e non sulla prepotenza del denaro, lasciato a chi preferisce «frugare in un cassetto sudicio/ e aggiungere al soldo il mezzo soldo» piuttosto che gioire della vita come fanno «l’operaio, il gentiluomo e il santo».

o,fortuna

O Fortuna, cangi di forma come la luna, sempre cresci o cali; l'odiosa vita ora abbatte ora conforta a turno le brame della mente,
dissolve come ghiaccio miseria e potenza. Sorte possente e vana, cangiante ruota, maligna natura, vuota prosperità che sempre si dissolve,
ombrosa e velata sovrasti me pure; ora al gioco del tuo capriccio io offro la schiena nuda. Le sorti di salute e di successo ora mi sono avverse,
tormenti e privazioni sempre mi tormentano. In quest'ora senza indugio risuonino le vostre corde; come me piangete tutti: a caso ella abbatte il forte!

Gian Ruggero Manzoni


La donna lupo
Pubblicato su Informazioni, Magie, Notizie il Ottobre 4, 2008 da paolacastagna

30 gennaio 2004. Le agenzie di stampa di tutto il mondo battono questa notizia. Mérida, Messico. Mentre il ” Huay kekén” ( il “cane maligno ” in lingua Maya ) terrorizza gli abitanti di una zona orientale dello Stato, i residenti del commissariato di Texán Palomeque, nel municipio di Hunucmá, Yucatàn, hanno riportato la presenza di una “donna lupo” che oltre a spaventarli ha causato la morte per squartamento di un centinaio di uccelli domestici e di alcuni maialetti. Gli abitanti di quella comunità, che dista circa 14 Km. dal capoluogo, sono terrorizzati per la presenza di un “essere sconosciuto” che uccide, nelle ore intorno all’alba, bestie da cortile. A conferma dei rapporti della Polizia, la maggioranza degli uccelli e degli animali attaccati presenta profonde ferite, squartamenti e altri hanno fori nella pancia con spargimento delle viscere. Sebbene la Direzione Municipale della “Protezione e Vita” segnali trattarsi di attacchi di cani selvatici, i residenti, spaventati per la situazione, insistono in lingua Maya che la morte degli animali è stata provocata dalla una Donna Lupo che da varie notti gironzola tra Hunucmá e Umán. La signora Abrissel Ek Baas, nella cui proprietà sono iniziati gli attacchi della ” donna lupo “, ha detto che alle ore 00:30 di martedì 27 gennaio 2004, quando dormiva col figlioletto Luis Gustavo e sua sorella minore Maria Antonia, si è svegliata di soprassalto udendo i latrati dei suoi cani legati nel cortile. ” Ho sentito un rumore simile a qualcosa che si avventava con forza - ha affermato la donna ancora spaventata - qualcosa di sconosciuto, che stava attaccando i miei tacchini, che dormono in un angolo del corridoio di casa, e ho udito gli uccelli che emettevano dei suoni di sofferenza”. Poi ha affermato che, uscita col fucile di casa, ha visto una donna nuda e pelosa che è fuggita nella prateria. Sempre le agenzie di stampa di tutto il mondo battono questa notizia il 7 febbraio 2004. Zekàma, Messico. La Polizia locale ha ucciso a colpi di pistola e di fucili a pompa una ragazza di circa vent’anni, nuda e ricoperta da una folta peluria, che, trovata all’interno di una stalla mentre stava mordendo alla gola una capra, si rivolgeva verso gli agenti digrignando i denti e brandendo un falcetto nella mano destra. Presi dallo spavento i poliziotti non hanno esitato ad abbatterla. Il medico legale, chiamato sul posto, ha riscontrato che la ragazza, dal corpo alquanto muscoloso, quasi maschile, mostrava canini oltremodo pronunciati, unghie lunghe e spesse e peli ispidi su tutto il corpo. Il cadavere è stato subito trasferito a Città del Messico per ulteriori accertamenti. Da allora più nulla se n’è saputo.

marco pantani


sandro visca


Celant, Kounellis, Italics, rovesciamenti incrociati

La mostra "Italics" dobbiamo ancora vederla, le opere le conosciamo, in parte, la trama insomma la conosciamo, ci interessa il film; oppure il film lo conosciamo e ci si propone una nuova trama... insomma vi faremo sapere.
Intanto: in una intervista di undici anni fa sul quotidiano La Repubblica Jannis Kounellis contestava le scelte di Germano Celant, allora curatore di una Biennale della Moda a Firenze.
Kounellis contestava il rilascio della patente di artista agli stilisti e a personaggi che con l'arte avevano poco a che fare.
Scriveva Kounellis: “Oggi si rischia che politica, burocrazia e amministrazioni, in preda a furori produttivi, s’impadroniscano di questo nostro terreno che deve essere fatto di idealità e poesia (…) Come troveranno i Van Gogh di oggi senza neppure il tempo di cercare ai margini del conosciuto? (…) Non si rendono conto che l’arte ormai va scovata dentro vite nascoste, d’opposizione, lontane dai riflettori? Non a caso stiamo assistendo all’appropriazione indebita dei territori artistici da parte delle amministrazioni, del management, della burocrazia (…) È come se – attraverso tutti questi personaggini che campicchiano parassitariamente intorno alla ricerca artistica – la stessa burocrazia si fosse messa a dipingere. Ci vuole un soprassalto di dignità, di rigore.”

Forse a Germano Celant non piacciono gli arredatori ma solo gli stilisti?
Non ha forse contribuito egli stesso con quella mostra a creare equivoci che oggi lui denuncia?

A presto, speriamo di divertirci con qualcosa di più originale e che ci faccia pensare. In giro c'è troppa "capa fresca".


Pubblicato da vario son da me stesso a 10/04/2008 06:34:00 PM

Hsiao Chin


yunnan


alberto burri


MARIO SCHIFANO - Artisti allo specchio - Regia : MARIO CARBONE

Trasalimenti Art :
MARIO SCHIFANO - Artisti allo specchio - Regia : MARIO CARBONE
prod. Rai Tv Ita [ I parte ]

con Mario Schifano e Achille Bonito Oliva



Trasalimenti Art :
MARIO SCHIFANO - Artisti allo specchio - Regia : MARIO CARBONE
prod. Rai Tv Ita [II parte ]

con Mario Schifano e Achille Bonito Oliva



valeriano trubbiani


colonnella - 1997


Luigi Ontani


Arte - Mereth Oppenheim

Arte - Mario Schifano

Un Giornalista Abruzzese

Da qualche tempo sono più attento al “linguaggio” che alla “comunicazione”.
Ho ricevuto una lettera da un giornalista abruzzese che fa riferimento ad un mio testo pubblicato su http://trasalimenti.blogspot.com, ed ora anche su http://gomorrasl.splinder.com , dal titolo “Abruzzo”.
Uso la parola "testo" volontariamente, non per indicare una genericità di contenuto che al contrario generico non voleva essere. Volevo indicare tratti comportamentali in alcune aree di relazione poco studiate o poco frequentate dal giornalismo, ad esempio l’arte e le varie esposizioni che imperversano e che si accumulano esponenzialmente; come se gli abruzzesi fossero in preda ad una fame predatoria artistico-culturale impellente e irrinunciabile. Se poi tale fluida attività culturale possa avere una utilità pedagogica circa la “civiltà delle buone maniere” abruzzesi e italiane è un altro discorso, seppur filiale degli enunciati principali.
Proprio il giornalismo - un certo giornalismo aduso più ai fochi pirotecnici scandalistici che all’analisi dei fatti o al classico e sempre più desueto “reportage”- mi accusa di esporre “generiche considerazioni”, e di usare “parole e riflessioni che non portano a nulla”.
In ritardo tragicomico circa l’epoca pasoliniana questo giornalista abruzzese mi invita a fornire “nomi, circostanze, eventi, cataloghi, costi, tutto quanto ci possa aiutare in una ricerca dei FATTI.”
Si tratta di un giornalismo seduto davanti ad un computer e che pratica un “copia e incolla” digitale, che probabilmente fa sudatissime o refrigerate ricerche sul web ma non si accorge, o finge di non accorgersi, di quello che accade sotto il suo ufficio, in strada, nel suo quartiere, nella sua città, nella sua regione.
Il minimo che possiamo dire è che si tratta di un giornalismo un po’ “pigrotto”, al massimo piuttosto cieco perché è talmente “imbrigliato” nel suo microcosmo autoreferenziale che ha perso la deontologia professionale del distacco, della distanza critica e forse (ma non vogliamo pensarlo) della libertà, la vecchia e polverosa libertà.
Siamo tutti amici e parenti. Ho bisogno delle prove.
Sono giornalisti che appartengono alla schiera dei S. Tommaso.
La parte finale della secca e breve e-mail del giornalista, con l’incipit di “gentile signore” senza chiamarmi per nome e cognome perché io sono un nulla, si conclude con una furba rotazione salvifica ed autoassolutoria: “Francamente sono a contatto tutti i giorni con chi millanta di sapere e poi non dice. Qui o ci si carica di senso civico o si sprofonda tutti”.
Il senso civico e la responsabilità evidentemente non abitano i luoghi della “comunicazione”, sono tuttavia rintracciabili in quelli del “linguaggio”.
In effetti, il linguaggio del giornalista che mi scrive appartiene, forse inconsapevolmente, a quel sistema che ho tratteggiato nel mio breve “testo”. Lui ci sta proprio dentro. Mi ha dato ragione.
Ecco perché non può capire. È preso al laccio.
Favolisticamente lui potrebbe rovesciare le mie “generiche considerazioni” in qualcosa di più serio, spingendomi nel classico paradosso pinocchiesco di fronte alla scimmia-legge.

Io ho risposto così:

Gentile signore,
mi pare che spetta al giornalismo raccontare o ricercare FATTI.
Se lei per giornalismo intende scrivere sulla pappa già pronta avrà sicuramente le sue buone ragioni.
Le auguro buona ricerca dei nomi, delle circostanze, eventi...
Cordialmente suo…


© vario son da me stesso

La Confartisti

Dove vanno tutti questi artisti che si propongono in forme collettive, in forme associative o sottospecie di sindacati, che girano per mostre dai titoli più assurdi mobilitandosi come un blocco social-sociologico?
Quali obiettivi si prefiggono in queste forme consortili che in definitiva annullano l’individualità e la soggettività dacché l’artista, per sua natura, dovrebbe aborrire il noi ed annunciare il semplice me?
Il noi, le voci del mondo, sono già inscritte nel gesto individuale dell’opera e allora che senso hanno queste consociazioni artistiche (venti, trenta, quaranta nomi per volta), la Confartisti che “occupa” piuttosto che “abitare” creativamente gli spazi?
È solo la risposta ansiosa all’angoscia dell’”esserci”, che si maschera dietro un falso concetto di “pluralità”, se non retorica “molteplicità”– ove dentro serpeggiano lunghi coltelli – o ad un desiderio da narcisismo “secondario”?
Non cova sotto-sotto quella falsa idea egualitaria del tutti insieme, del volare basso, quale minimo comun denominatore nella piattezza senza differenza od eccellenza, che caratterizza la nostra cultura?
Cretini specializzati, semianalfabeti professionali, furbetti ed “ominicchi”, raccomandati e mafiosetti si tuffano dentro questo magma numerico che spaccia in giro un’idea equivoca di arte, creando opacità in una realtà già assai affannata di suo a capire il contemporaneo.
Assessorati, pro-loco, sagre e fiere accolgono questo nulla sperperando soldi in inutili cataloghi dimenticati il giorno dopo pieni di parole annoiate ripetute da vent’anni intorno al gioco sterile dell’arte “nel nostro territorio” e di “tutti i territori” e dei borghi d’Italia. Una montagna di soldi e risorse umane per soddisfare i piccoli narcisismi della Confartisti.
Sono sommerso di inviti a mostre che nemmeno cento vite mi permetterebbero di andare a vedere. Ma se ciascuno, di quei quaranta artisti, porta almeno un parente o un amico, o un solo augurale collezionista, saranno ottanta, forse cento, e all’inaugurazione, si dirà, è stato un successo. Di successo in successo… fate voi.
Forse non ci viene comunicato un invito a vedere ma solo che qualcuno c’è, che disperatamente lotta contro lo sprofondamento in quell’anonimato inaccettabile che il nostro sistema mediatico produce, inevitabilmente, nella forma di scorie.
In definitiva, molte di queste esposizioni d’arte collettive sono l’espressione di scorie del sistema (dell’arte).
Io ricordo mostre epocali e di svolta, anche in culo al mondo, ove eravamo a visitarla in venti, non vuol dire…
Immaginiamo invece una favola. In questa favola c’è un mago, un abile barman che con il suo shaker mescola: imponderabile, vite clandestine, nuda vita, talento, fortuna, luoghi, incontri, viaggi, mogli, sfiga, genialità, sesso, amanti, carattere, durata, tarocchi, storia, soldi, assenza, tentato suicidio, depressione e narcisismo primario. Tutte cose che a tavolino non potrete mai programmare.
A questo punto il mago ti serve il suo drink e tu devi essere pronto ad accoglierlo, berlo tutto di un fiato, ed è solo per te.
Ma, sei pronto?
Ti accorgerai che non sei poi tanto artista come credevi di essere.


® vario son da me stesso.Ottobre 2007

TIBET


OSVALDO LICINI


OSVALDO LICINI


CONVERGENZE


ALBERTO SAVINIO